CAPORETTO, I PRIGIONIERI DIMENTICATI
DI Cesare Di Dato
Bella serata quella organizzata il 4 maggio scorso dall’art. alp. Renzo Gatti, già consigliere della sezione alpini di Como e già capogruppo del gruppo alpini di Santa Maria Rezzonico. Bella e singolare per il tema proposto, “I prigionieri dimenticati”, un tema che non ci risulta essere mai stato affrontato prima d’ora nelle nostre conferenze.
Nell’Auditorium della chiesa di S. Abbondio in San Siro messo a disposizione dal parroco don Michele Parolini, sincero amico degli alpini, alla presenza di un folto pubblico a sottolineare l’interesse suscitato dall’argomento, dopo le frasi introduttive di GATTI e dell’alpino Angelo DE LORENZI attuale capogruppo , si sono alternati, come oratori, il “nostro” generale DI DATO, il generale di Divisione dei bersaglieri Luigi SCOLLO e la professoressa Simona Capelli, docente presso l’Istituto Vanoni di Menaggio.
DI DATO ha illustrato l’andamento del conflitto avvalendosi di una lastrina nella quale erano riportati gli atti tattico-strategici di tutto il conflitto nei 52 mesi di lotta. Egli ha ricordato che tutti gli eserciti hanno avuto la loro “caporetto”, ad esempio i russi a Tannenberg, gli austriaci in Galizia, gli inglesi a Gallipoli, senza che enfatizzassero l’accadimento a differenza di quanto accade ancor oggi in Italia. Il relatore ha accennato al dramma dei prigionieri, i più fortunati caduti nelle mani degli eserciti occidentali, i meno fortunati catturati dagli zaristi e poi coinvolti, loro malgrado, nella guerra civile scoppiata in Russia dopo la rivoluzione bolscevica dell’ottobre 1917 e infine gli italiani, forse i più derelitti, presi dagli austro-ungarici.
SCOLLO, dopo aver illustrato l’ordinamento dell’Esercito italiano a guerra già iniziata, ha ristretto l’indagine di Di Dato al fronte isontino trattando i fatti di Caporetto con dovizia di particolari, alcuni di prima mano. Egli ha dimostrato come il nostro Esercito, che aveva sempre operato all’attacco, fosse impreparato a fronteggiare un’offensiva in grande stile, per di più condotta con la tattica dell’infiltrazione, una tattica introdotta di sorpresa dai tedeschi un paio di mesi prima a Riga, in Lettonia. Ordini confusi, iniziative errate, panico determinarono il crollo della 2^ Armata con le ben note conseguenze.
Nella battaglia perdemmo oltre 300.000 prigionieri. Con loro la sorte non fu benigna: tacciati ingiustamente di vigliaccheria dal Comando Supremo, disprezzati dai compagni di sventura che li avevano preceduti e che rinfacciavano loro una resa troppo affrettata laddove essi erano stati catturati con le armi in pugno, sottoalimentati dai loro custodi a causa della carenza di vettovaglie in tutto l’Impero sottoposto all’implacabile blocco navale degli inglesi, pagarono con oltre 100.000 morti questa durissima esperienza.
La dottoressa CAPELLI ha ristretto ulteriormente il raggio d’azione descrivendo nel dettaglio il comportamento delle massime autorità politiche italiane dell’epoca che si disinteressarono della sorte di quei nostri soldati ignorando volutamente le convenzioni internazionali sul trattamento dei prigionieri (Trattato dell’Aja del 1907) secondo le quali ai reclusi doveva essere garantita un’alimentazione uguale a quello delle truppe della Nazione che li aveva in custodia. Inoltre nel 1915 la Croce Rossa Internazionale consigliò l’invio diretto dalla Patria di aiuti agli interessati (i pacchi – pane). L’Italia fu l’unica nazione a ignorare tale raccomandazione anche per l’intransigenza del ministro Sidney Sonnino ( dal carattere duro e inflessibile, cosa che lo mise spesso in urto con gli Alleati [NdA]) che si oppose sempre all’iniziativa, condannando così tanti giovani italiani alla morte per fame (Oedem, in tedesco).
Tra essi il fante Giovanni Gasperi nato a S. Maria Rezzonico, sul lago di Como, bisnonno della relatrice e morto a Milovice, oggi Repubblica Ceca, il 24 febbraio 1918, appunto per “Oedem”.
Il silenzio in aula con il quale gli astanti hanno manifestato la loro costernazione è stato più eloquente di qualsiasi commento.
Ripresisi, i presenti hanno tributato un caloroso applauso che ripaga delle fatiche affrontate da Gatti e dai suoi collaboratori.